Testimoni: Rosario Livatino (3 Ottobre)
Pregaudio - A podcast by Preghiere del giorno
Categories:
Rosario Livatino Oggi, giorno della sua nascita su questa Terra, celebriamo la memoria di un grande uomo, nato appunto il 3 ottobre 1952 a Canicattì, da Vincenzo Livatino e Rosalia Corbo, e battezzato il 7 dicembre dello stesso anno col nome di Rosario. La sua famiglia gode di una certa notorietà nel comune siciliano, sia perché il nonno ne era stato sindaco dal 1920 al 1923 (dimessosi poi con l’avvento del Fascismo), sia perché la madre era imparentata alla lontana col venerabile Gioacchino La Lomia. La Comunione la riceve il 26 luglio del 1964 e, dopo aver frequentato il liceo classico Ugo Foscolo della sua città, nel 1975 si laurea con lode alla facoltà di Giurisprudenza di Palermo. In questi anni è disponibile a dare ripetizioni gratuite a chiunque ne abbia bisogno. Il suo primo incarico è quello di vicedirettore dell’Ufficio del Registro di Agrigento, lasciato dopo aver vinto il concorso in magistratura per svolgere il tirocinio al Tribunale di Caltanissetta. Dal 1979 al 1989 è sostituto procuratore al Tribunale di Agrigento. Ebbe contatti con la malavita, che purtroppo da anni caratterizza la triste fama della meravigliosa Trinacria? A Canicattì, a pochi metri dai Livatino abita Antonio Ferro, uno dei capi di Cosa nostra di quella zona, che Rosario contribuirà in seguito a far incarcerare. Il boss Giuseppe Di Caro, invece, abita addirittura nel suo stesso edificio, e per tale ragione arrivò a far murare l’ingresso comune pur di non incontrarlo. Nel 1989 avviene una spaccatura all’interno di Cosa nostra della “sezione” di Palma di Montechiaro: nasce una nuova “famiglia”, che prende il nome di stidda, in siciliano “stella”, che può alludere tuttavia anche ad un ramo secco staccatosi dalla pianta, insomma una sorta di setta, dal latino secare, “tagliare”. Così nell’agrigentino vanno costituendosi stidde per ogni significativo centro abitato. Una grande differenza tra Cosa nostra e Stidda sta nel tipo di legame tra i partecipanti: nella prima è verticistico, nella seconda federativo e su basi paritarie. Tra i libri che narrano di lui, uno è intitolato Sub tutela Dei, come mai?L’acronimo S.T.D., sub tutela Dei appunto, ovvero “sotto la protezione di Dio”, compare per la prima volta nel frontespizio della sua tesi di laurea, e da lì nelle più diverse pagine che narrano la sua pur breve vita: dalle preoccupazioni relative al lavoro alle faccende domestiche, dalla vita affettiva allo studio. A riguardo, l’arcivescovo emerito di Monreale Michele Pennisi sottolineò come gli inquirenti inizialmente pensassero si trattasse di una sigla cifrata, volta a nascondere qualche nome di chi lo perseguitava, per poi scoprirne il vero significato. La simbologia attribuita da Rosario a queste tre semplici lettere è potentissima: la tutela che invoca è quella benevola del Padre con la “P” maiuscola, non quella malevola dei vari “padrini” di turno! E questo fin dal 18 luglio 1978, giorno del suo ingresso in magistratura, come egli stesso annota – questa volta con l’inchiostro rosso! – nell’agenda di quell’anno: «Ho prestato giuramento; da oggi quindi sono in magistratura. Che Iddio mi accompagni e mi aiuti a rispettare il giuramento e a comportarmi nel modo che l’educazione, che i miei genitori mi hanno impartito, esige». Degli sviluppi mafiosi in Sicilia a quel tempo si è già accennato.. cos’altro sappiamo?Tra l’81 e l’84 hanno luogo una serie di conflitti intestini, che si concludono con l’affermazione della frangia capeggiata da Totò Riina: con lui il comando passa dai palermitani ai corleonesi, e tale faida avrà ricadute sul resto dell’isola. Si noti bene: nel decennio in cui Rosario ha svolto la sua funzione di magistrato, le cose per lui e per quelli come lui erano molto più complicate, dato che non avevano ancora voce in capitolo i pentiti, le cui deposizioni sono state introdotte pochi mesi dopo la sua morte; non esisteva il celebre 41 bis, il “carcere duro” per i mafiosi; né la confisca dei beni appartenenti alle cosch...