Compagni di viaggio: Raimon Panikkar (26 Agosto)

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Raimon Panikkar (26 Agosto)«Sono partito cristiano, mi sono scoperto indù e ritorno buddhista, senza aver mai cessato di essere cristiano.. Anzi, al mio ritorno mi sono scoperto (un) cristiano migliore, perché da cristiano non affermo più di essere unicamente cristiano».  Parole un po’ forti e quanto meno discutibili.. chi è a pronunciarle? Il filosofo, teologo e presbitero spagnolo Raimundo Paniker Alemany, meglio conosciuto come Raimon Panikkar, nella cui vita, afferma un altro teologo, Vito Mancuso, «è condensata la teologia del futuro». Il padre di Raimon era induista e, già sposato a 13 anni con matrimonio combinato, a Barcellona conobbe la cattolica Carmen (già nei primi del ’900 a favore delle donne prete!) e, pur di sposarla, si fece battezzare, continuando comunque a considerarsi indù. Il 2 novembre del 1918 vide la luce il primo dei loro quattro figli, ma nel 1936, in seguito alla guerra civile spagnola, la famiglia scelse di emigrare in Germania. A Bonn Raimon studiò scienze su invito del padre, che lo voleva erede della sua ditta, ma dalle lezioni scappava appena gli era possibile, per ascoltare quelle di filosofia. Tre anni dopo andò da Bonn a Barcellona in bicicletta! Conobbe quindi Josemaria Escrivà de Balaguer, presbitero spagnolo oggi santo nonché fondatore dell’Opus Dei, l’unica prelatura personale attualmente esistente della Chiesa Cattolica, di cui nel ’46 ne diventerà prete, su “intuizione” dello stesso Escrivà. Il padre di Raimon, già paralizzato da un paio d’anni, appresa la notizia si chiuse in un profondo mutismo.   Non deve essere stato facile per quest’ultimo..  Tra il 1950 e il 1953 insegnò a Salamanca, conseguendo nel frattempo il dottorato in teologia a Roma. Trasferitosi in India, visse nella città sacra di Varanasi (chiamata anche Benares, nota ai più perché vi tenne il suo primo discorso pubblico il Buddha), dove si avvicinò ai testi sacri indù, continuando in ogni caso a far parte dell’Opus Dei. Nel ’61 tornò nella Città Eterna per un altro dottorato in teologia, dal titolo Il Cristo sconosciuto dell’Induismo, che in seguito diventerà uno dei suoi libri più famosi, ma appena un anno dopo venne espulso dalla prelatura direttamente da Escrivà: insubordinazione! Tra il ’62 e il ’65 partecipò al Concilio Vaticano II, come perito per la liturgia del cardinale di Bologna Giacomo Lercaro. Durante l’assise conciliare rimase celebre un’affermazione di Panikkar: «Lasciate che Cristo si faccia storia ovunque».  Intendendo cosa, esattamente?Lo capiremo più avanti.. Si recò quindi negli Stati Uniti, prima ad Harvard e poi a Santa Monica, fino al 1987, anno in cui decise di tornare in Catalogna fino alla morte, nel paesino di Tavertet, in cui abiterà insieme a poco più di cento anime. Nel libro intitolato Raimon Panikkar. Profeta del dopodomani, Raffaele Luise, decano dei vaticanisti Rai, giornalista impegnato per lo più nell’indagine sulla fede in rapporto alla politica, alla mistica e alla cultura, racconta Panikkar facendo emergere il personaggio a 360°, attraverso un dialogo immaginario tra maestro e discepolo, il quale va a trovare il «saggio, laureato in filosofia, chimica e teologia.. in grado di padroneggiare una ventina di lingue tra antiche e moderne», durante gli ultimi anni della sua vita trascorsi nel piccolo comune catalano. Un’abitazione con una biblioteca talmente grande e vissuta da lasciar trasparire che «la conoscenza è intimamente legata all’amore». Il maestro gli serve subito un bel piatto di portata: «Non possiamo consentire – afferma perentorio – che alcuna religione, cultura o frammento di realtà sia dimenticato.. se vogliamo recuperare quella totale ricostruzione della realtà che diventa oggi il primo imperativo del nostro tempo».  Beh, come inizio non c’è male.. Infatti. Il lettore del libro a questo punto potrebbe chiedersi: «non è che questo Panikkar è un po’ troppo progressista, correndo troppo “in avanti”?». La risposta è già a pagina 13: «Non si tratta di andare “avanti”.. ...

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