27 Settembre: San Vincenzo de' Paoli (Biografia dialogata)

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San Vincenzo de' Paoli (27 settembre) «Dio ama i poveri, e, per conseguenza, ama quelli che amano i poveri.. Quando andiamo a visitarli, cerchiamo di capirli per soffrire con loro.. Il servizio ai poveri deve essere preferito a tutto. Non ci devono essere ritardi. Se nell’ora dell’orazione avete da portare una medicina o un soccorso a un povero, andatevi tranquillamente.. Non è lasciare Dio, quando si lascia Dio per Iddio.. La carità è superiore a tutte le regole.. E’ una grande signora: bisogna fare ciò che comanda.. Serviamo dunque con rinnovato amore i poveri e cerchiamo i più abbandonati. Essi sono i nostri signori e padroni». Queste poche righe, tratte dall’Ufficio delle Letture che la liturgia ci propone oggi, tratteggiano mirabilmente la figura di San Vincenzo de’ Paoli.  La sua santità percorse dunque i binari della povertà, un po’ come avvenne per san Francesco.Non proprio, nel senso che, mentre il “Poverello d’Assisi” scelse ad esempio di non avere a che fare col denaro né con alcuna forma di possesso, si dice che nelle mani di Vincenzo passasse più denaro che in quelle del ministro delle Finanze! Non rifiutava cioè il denaro in quanto tale, ma se ne serviva per i poveri. Amava dire inoltre: «Amiamo Dio.. ma amiamolo a nostre spese, con la fatica delle nostre braccia, col sudore del nostro volto».    Cosa sappiamo di lui?Nato nel 1581 a Pouy, in Francia, dopo aver lavorato come guardiano dei porci divenne prete ad appena 19 anni. Nel luglio del 1605, durante un viaggio per mare, fu catturato da una nave pirata turca e, portato a Tunisi, venne venduto come schiavo. Riuscì a scappare in modo rocambolesco, assieme all’ultimo dei tre padroni che aveva avuto, tra l’altro dopo averlo convertito. Ma, sia detto francamente, il nostro Vincenzo fino a questo momento aveva un solo obiettivo, quello di far carriera ecclesiastica e di sistemarsi economicamente. Fatto che, seppur oggi possa scandalizzarci, al tempo era cosa abbastanza diffusa. Con tale scopo conseguì la licenza in Diritto Canonico. Era l’anno 1623.  Ci fu dunque una svolta nella sua vita.Monsieur Vincent, così lo chiamavano, si convertì – letteralmente “cambiò modo di pensare”, dunque di agire – probabilmente nel gennaio del 1617 quando, confessando un anziano contadino che stava per morire, si rese conto dell’abbandono, soprattutto spirituale, in cui versavano le campagne del suo tempo. Egli, già prete da 17 anni, sentì chiaramente la voce del Signore, che lo chiamava nel volto dei poveri. Un altro momento chiave della sua conversione è fissato in una preghiera, da lui messa per iscritto: «Mi rivolsi a Nostro Signore e gli chiesi di cambiare il mio carattere aspro e scostante e di concedermi un animo mansueto e benigno». Già, perché il nostro Vincenzo aveva quel che si suol dire un “pessimo caratteraccio”. È così sfatato il luogo comune che vuole che tutto possa cambiare, tranne il carattere! E tale conversione si tradusse in tanto bene per molti..La mole caritativa da lui prodotta, che ha davvero dell’incredibile, si può sintetizzare nelle quattro istituzioni, o “carità”, a cui diede vita: la confraternita delle Dame della Carità; i Servi dei Poveri; la Congregazione dei Preti della Missione (meglio conosciuti come “Lazzaristi”, incaricati di formare i futuri preti e di organizzare omelie più adatte alla gente non colta); e, insieme a santa Luisa de Marrillac, le Figlie della Carità, in origine ragazze di campagna, desiderose di consacrarsi al servizio dei poveri, conosciute fino al Concilio Vaticano II col nome di “Cappellone”, per via dell’enorme copricapo che portavano. Una figura, la sua, molto simile a quella di san Filippo Neri.Per certi versi sì, anche perché fu promotore di bene nella città di Parigi quanto Filippo lo fu in quella di Roma, ma le fonti d’ispirazione della sua spiritualità furono altre: anzitutto il Cardinal de Bérulle, suo padre spirituale per circa dieci anni, l’amico Francesco di Sales e Ignazio di Loyola.       «O Dio, che hai dato ...

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