14 Agosto: San Massimiliano Maria Kolbe (Biografia dialogata)
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San Massimiliano Maria Kolbe (14 agosto) Il santo che festeggiamo oggi è, per così dire, “liturgicamente” sfortunato: cadendo il suo dies natalis proprio alla vigilia dell’Assunzione di Maria, che, essendo una solennità inizia col tramonto del 14 agosto, solitamente viene messo in ombra dalla Vergine. Ma è quello che lui stesso volle fare, e fin da bambino. Cioè? Una sera il piccolo Raimondo, questo il suo nome all’anagrafe, tornò a casa tardi senza avvisare, così il padre gli fece una sonora lavata di capo. La madre, dal canto suo, gli disse: «Bambino mio, chissà cosa faremo di te!?». Queste prese di posizione dei genitori lo spinsero ad affidarsi alla Madonna: «Cosa sarà di me? Dimmelo, per favore». Maria aprì le mani e gli mostrò due corone di fiori, una bianca e una rossa, chiedendogli quale avrebbe scelto. Il piccolo intuì subito che la bianca rimandava alla purezza, mentre la rossa al sacrificio della vita e, non sapendo quale scegliere, le chiese entrambe. Più tardi avrà una felice intuizione, racchiusa nella formula «v = V», cioè: la nostra volontà (v minuscola) deve coincidere con quella di Dio (V Maiuscola), viceversa potremo affannarci quanto vogliamo, ma Egli non accorderà efficacia alla nostra azione. Tornando all’episodio delle corone di fiori, cosa c’entra con la sua vita?Ne farà da cornice. Ma procediamo per gradi: Raimondo nacque nel territorio dell’attuale Polonia nel 1894, da Giulio Kolbe e Maria Dobrowska, entrambi terziari francescani, poveri ma con una grande fede. Il primogenito, Francesco, lo offrirono alla Madonna, mentre Raimondo e Giuseppe avrebbero fatto i tessitori come papà. Accadrà esattamente il contrario: Francesco diventerà tessitore e gli altri due preti! A soli 17 anni Raimondo diventa francescano, assumendo il nome religioso di Massimiliano. La sua scelta di vita fu dunque “aiutata” dall’ambiente familiare..Certo la fede dei genitori fu la culla della sua vocazione, ma il resto dipese da lui. Un bel libro intitolato Kolbe e il Comandante mostra proprio come due persone, partendo più o meno dalle medesime condizioni, possano poi prendere strade ben diverse, talvolta diametralmente opposte. Il testo mette in parallelo Massimiliano Kolbe e Rudolf Höss: nati all’incirca nello stesso periodo, entrambi di famiglia cattolica (quella di Rudolf lo voleva prete a tutti i costi), uno diventerà martire, l’altro un gerarca nazista. A 39 anni Höss fece costruire un lager nel paesino polacco di Oswiecim, futuro Auschwitz. Probabilmente l’idea di erigervi la celebre scritta Arbeit macht frei, “Il lavoro rende liberi”, fu sua. Per le sue malefatte fu impiccato, con un gesto tristemente ed altamente simbolico, proprio davanti ai forni crematori del campo di concentramento. Dunque un inizio comune ma una fine ben diversa..Il cammino dei due forse s’incrociò proprio ad Auschwitz, in cui Massimiliano fu deportato il 28 maggio del 1941. Il numero assegnatogli fu il 16.670, che nella logica nazista aveva l’obiettivo di cancellare l’essere umano come tale, svuotandolo della propria identità. La divisa sostituì così il saio francescano. Nel blocco 14, quello dei lavori agricoli in cui era stato trasferito, un deportato fuggì. La legge del campo era chiara: per ogni fuggiasco avrebbero pagato con la vita altre 10 persone. Così il capo del lager passò davanti agli appartenenti al blocco, indicando casualmente chi avrebbe fatto parte di quei dieci.. Il decimo malcapitato era Franciszek Gajowniczek, padre di famiglia che scoppiò in una crisi di disperazione. Dal gruppo dei risparmiati si alzò una mano: «Vengo io al suo posto». Era la voce di frate Massimiliano. Cosa accadde in seguito?Trasferiti nel bunker della fame, ammassati senz’acqua né cibo né luce, i dieci dovevano solo attendere la morte. Bruno Borgowiec, un interprete polacco che aveva il compito di scendere nel sotterraneo ogni giorno, controllando assieme alle guardie tedesche il comportamento di quei morenti, dichiarò: «Raccolti intorno a Kolbe, i con...